Sanitari e docenti

I recenti fatti di cronaca hanno scosso l’opinione pubblica, facendo sorgere spontanea la domanda se femminicidi e violenza siano davvero un problema della scuola o abbiano una eziologia più ampia.
Il pedagogista Daniele Novara ha affermato che il vero problema della scuola siano i genitori e non i figli, in controtendenza rispetto al Ministro dell’Istruzione che ha reagito alla cronaca parlando della necessità di insegnare l’educazione emotiva e la cultura del rispetto tra i banchi di scuola.
I docenti italiani, in larga parte, stanno con Novara: “Qualcuno dovrebbe far sapere al Ministro che, se gli studenti ascoltano delle cose a scuola che poi non corrispondono a quello che sentono e vivono a casa, fanno ciò che viene loro insegnato dai genitori”, afferma dolorosamente una docente.

E’ sconcertante vedere sui giornali i politici che si esprimono a favore dell’introduzione dell’educazione emotiva a scuola. ” continua, a i nostri microfoni, la collega, con lunga esperienza di servizio su più gradi di scuola e ben tre specializzazioni sul sostegno: “Da insegnante, il mio sconcerto nasce non solo dal fatto che i nostri politici, soprattutto chi si occupa in maniera diretta della scuola, non conoscano quanto già si insegni (o almeno si cerchi di insegnare) relativamente all’emotività, al rispetto, all’inclusione, eccetera, ma è soprattutto relativo a quanto sia grave non percepire l’inadeguatezza della “cura” proposta rispetto alla “malattia”.
Mi spiego meglio: se nasce un frutto malato, credo che nessuno pensi di intervenire con una cura sul frutto stesso; credo che chiunque capisca che bisogna intervenire curando l’albero e, di conseguenza, tutto ciò che dall’albero nasce.

A questo punto, mi trovo perfettamente d’accordo con i docenti che, riferendosi a questa nuova “disciplina” che dovrebbe essere introdotta nelle scuole, si sono espressi dicendo che sono disposti da insegnarla solo se insieme a figli la studiassero anche i genitori: come insegnante sono profondamente rammaricata e preoccupata del fatto che i politici e la società non capiscano quale sia davvero la questione, e quindi la cura, di questo allarmante problema giovanile. Bisognerebbe ricordare che i bambini, che poi diventano giovani, non sbagliano MAI.

A sbagliare sono i genitori che li educano e li crescono: se esistono i bulli nelle scuole e fuori dalle scuole, non è perché ci sono bambini e ragazzi “cattivi”, è solo perché i genitori, da qualche parte e in qualche periodo più o meno lungo della loro vita, hanno sbagliato ad educarli. Perché l’educazione non si limita alle parole, ma passa attraverso i gesti, il non-detto, le abitudini e anche e soprattutto l’interesse, la presenza e i limiti.
Personalmente mi capita spessissimo di vedere genitori iperprotettivi nei confronti dei loro figli e sempre pronti a dare agli “altri” la colpa di ogni cosa che accade: di certo non stanno insegnando ai figli ad analizzare le situazioni e a prendersi la responsabilità di quello che fanno.
Mi capita spessissimo di vedere genitori che, di fronte alle bravate dei loro ragazzi, ridono divertiti: non stanno di certo insegnando che quello che hanno fatto non va bene e che non devono più farlo! Al contrario, stanno fornendo un rinforzo positivo che comunica la loro approvazione.
Mi capita spessissimo di assistere a linguaggi violenti, bestemmie e parolacce rivolte ad altri, davanti ai bambini, o addirittura rivolti ai bambini stessi: non stanno di certo insegnando il controllo delle proprie emozioni, il rispetto, l’ascolto delle opinioni altrui, la non-violenza.

Mi capita spessissimo di assistere a scene di bambini che giocano da soli al parco giochi con i loro genitori intenti a guardare i cellulari, oppure bambini per ore davanti al cellulare quando tutta la famiglia è in pizzeria: credo che stiano insegnando ai bambini che i genitori non hanno né tempo né voglia di interagire con loro, di parlare, di connettersi con le loro emozioni, di divertirsi con loro, ma trasmettano solo che il cellulare è molto più accattivante e importante.
Mi capita spessissimo di vedere regali inutili fatti ai figli, accontentati al primo “lo voglio”, senza richiedere loro di fare qualcosa per guadagnarselo, senza nemmeno attendere che li desiderino davvero: credo che stiano insegnando che le cose si ottengono a prescindere e non si guadagnano, che i sogni nascono al primo impulso di desiderio e non che le cose che si vogliono debbano essere attese, volute nel tempo e conquistate con sacrificio.
Da insegnante sono perfettamente consapevole che ci sono colleghi inadeguati che, a volte, interferiscono negativamente sul futuro dei ragazzi, ma sono anche convinta che, con dei buoni genitori, queste situazioni si possano gestire arrivando comunque alla meta: la realizzazione al positivo dei ragazzi e dei loro desideri e ambizioni.
Invece, non è assolutamente vero il contrario: ogni migliore insegnante al mondo non può intervenire in modo predominante rispetto all’insegnamento impartito dal genitore.
Per ogni bambino e ragazzo il genitore è sempre e comunque il punto di riferimento prevalente.
Da insegnante so benissimo quanto sia importante il nostro ruolo come formatori e come educatori, ma so anche che la cultura e l’educazione fornita a scuola sia solo un completamento di un’educazione e una formazione data dai genitori.
Indipendentemente a quello che a scuola si tenta di insegnare e al buon esempio che possiamo dare, sono convinta che in ogni caso, al ritorno a casa, il ragazzo dirà e farà quello che il genitore gli ha detto e gli ha insegnato. Non è mai il contrario.
Gli adulti devono capire che l’educazione emotiva si insegna nei primi anni di vita e, al momento in cui si inizia la scuola, il grosso del lavoro dovrebbe già essere stato fatto.
La scuola può solo completarlo e perfezionarlo.
Questa società giovanile è, in parte, malata, perché è malato ciò da cui nasce.
Io non so quali siano gli interventi che si possano mettere in atto per “curare” la società genitoriale ma sono convinta che intervenire direttamente e solamente sui figli, potrà FORSE attenuare per qualche tempo il sintomo: certamente, non risolverà il problema principale.
Come insegnante cerco di fare del mio meglio, ogni giorno, per insegnare qualcosa di buono ai miei ragazzi, ma ho un disperato bisogno di aiuto da parte delle istituzioni che dovrebbero, in qualche modo, intervenire a monte e non cercare di frenare, a valle, quella che ormai è diventata una valanga inarrestabile e sempre più grande man mano che si susseguono le generazioni.”

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