Molto più che adulti e sottopagati.

Non è una sorpresa, ma una conferma, quella che scaturisce dall’ultimo rapporto “Educational at glance” dell’OCSE: ben il 58% dei docenti italiani ha un’età superiore ai 50 anni.

I Paesi del vecchio continente che ci seguono a breve distanza sono la Lituania (54% di ultracinquantenni), la Grecia (51%) e l’Estonia (50%).

Un biglietto da visita indiscutibilmente poco attraente, dunque, per il nostro Paese che è ben lontano dal 30% di insegnanti francesi di generazione “boomer” . Addirittura in Turchia ben l’85% del personale che siede dietro la cattedra ha meno di 50 anni.

Da cosa dipende la mancata scelta  verso la carriera a scuola per i giovani laureati italiani?

In primo luogo gli stipendi. I salari che i nostri docenti percepiscono sono in media molto più bassi rispetto a chi lavora nel settore terziario e tra i più bassi anche tra chi lavora nel comparto della pubblica amministrazione. Un insegnante a inizio carriera non è in grado di vivere senza difficoltà in molte regioni del Nord Italia (dove, lo ricordiamo, si generano la maggio parte dei posti disponibili) ed è costretto a trovare soluzioni di ripiego come convitti o condividere locazioni . Il potere d’acquisto di un prof è quindi nettamente inferiore a chi lavora nel privato, ma non solo: nemmeno la prospettiva del “lavoro sicuro” sembra allettare le giovani generazioni.

Anche a distanza di anni dall’assunzione in ruolo, le retribuzioni dei docenti italiani sono poco dinamiche e dipendono quasi completamente dagli scatti di anzianità, con scarsissime progressioni di stipendio legate a maggiori responsabilità eventualmente assunte.

Non ci sono infatti prospettive di crescita personale,  a un certo punto la carriera si blocca e, con essa, la motivazione.

I nuovi piani di formazione in linea con i dettami del PNRR non sembrano essere così attrattivi come si vuol dare a credere. La maggior parte dei docenti li “subisce” affrontandoli con scarsa motivazione.

In Italia  la fetta di PIL destinata all’istruzione non arriva al 5%, quota che invece viene raggiunta in altri Paesi dell’Unione.

Altro aspetto destinato a raffreddare il desiderio di entrare a far parte del mondo scuola, sicuramente è anche l’ormai scarso prestigio  che gli insegnanti hanno nella società del nuovo millennio.

Non si contano più gli episodi di aggressioni verso il personale docente, nei confronti dei quali si è espresso più volte il Ministro Valditara (ricordiamo l’introduzione della recente norma sul voto in condotta e sulle sanzioni per i comportamenti lesivi), ma che tuttavia contribuiscono a rendere la professione poco ambita proprio perchè percepita come “non più sicura”.

La denatalità sta agendo sul dimensionamento scolastico, molti insegnanti in odore di pensione non verranno sostituiti, mentre la tecnologia ha già dato vita a  Genia, la maestra creata dall’AI che attraverso un sito promette di sostituire le lezioni tradizionali.

Sarà davvero questo il futuro? O c’è ancora spazio per un’ inversione di rotta?

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