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Gli stipendi degli insegnanti e del personale Ata in Italia sono tra i più bassi d’Europa, un divario che si accentua particolarmente a fine carriera. Questa condizione di disparità retributiva è ulteriormente aggravata per i lavoratori con contratti “brevi e saltuari”, ai quali vengono negate indennità fondamentali come la Retribuzione Professionale Docenti (Rpd) e la Compenso Individuale Accessorio (Cia), malgrado la Corte di Cassazione abbia confermato che si tratta di un errore. In questo contesto, il sindacato Anief ha deciso di intensificare la battaglia legale per tutelare i diritti dei precari.

 

Secondo un recente studio internazionale condotto dall’Ocse Talis e diffuso da Invalsi, lo stipendio medio annuo di un insegnante italiano è di 28.113 euro, sufficiente per un potere d’acquisto accettabile solo all’inizio della carriera. Tuttavia, il divario con altri paesi europei diventa evidente a fine carriera: mentre in Italia gli insegnanti raggiungono una media di poco più di 40.000 euro annui, i loro colleghi in Spagna, Portogallo e Austria guadagnano rispettivamente 48.876, 55.497 e 60.947 euro. Nei Paesi nordici, gli stipendi possono arrivare fino a 100.000 euro annui.

In un quadro così sfavorevole, Anief ha calcolato che ai docenti e al personale Ata con contratti “brevi e saltuari” mancano in busta paga tra gli 80 e i 300 euro mensili, a seconda dell’anzianità di servizio. “È sempre più assodato che il salario accessorio rappresenti un diritto dei lavoratori,” ha dichiarato Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief. “Non si comprende perché Rpd per i docenti e Cia per il personale Ata con contratti brevi comportino un’esclusione, visto che lavoro e responsabilità sono identici a quelli dei lavoratori di ruolo.”

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito questo diritto con un’ordinanza esemplare, confermando il diritto dei supplenti brevi a ricevere l’indennità per docenti e Ata. Secondo i giudici, questo salario accessorio spetta anche ai supplenti con contratti di uno o più giorni, e i precari devono interrompere i termini di prescrizione inviando una diffida tramite Anief e ricorrendo al tribunale per recuperare i soldi negati, che possono superare i 3.000 euro annui in arretrati.

Nell’ultima ordinanza, la Cassazione ha citato il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE. Questo principio impone che la Rpd sia attribuita a tutto il personale docente ed educativo, senza distinzione tra assunti a tempo indeterminato e determinato o tra diverse tipologie di supplenze. Le norme eurounitarie interpretate dalla Corte di Giustizia sono vincolanti per il giudice nazionale, che deve applicarle anche ai rapporti giuridici precedenti alla sentenza interpretativa.

Pacifico conclude: “Come risarcimento, si può arrivare a superare, negli ultimi cinque anni, la cifra di 15.000 euro. È importante richiederlo nel rispetto delle direttive europee.”

La decisione della Corte di Cassazione rappresenta una significativa vittoria per i diritti dei lavoratori precari, ribadendo la necessità di un trattamento equo e senza discriminazioni anche per chi svolge incarichi temporanei nel settore dell’istruzione.

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