Il Precariato                                                                                                                                                        di Diego Palma

Il sistema scolastico in Italia affronta diverse problematiche irrisolte che impattano negativamente sia sugli insegnanti che sugli studenti. Tra questi, il precariato degli insegnanti è uno dei nodi più critici. Ecco una panoramica delle principali questioni:

Precariato degli insegnanti

Definizione e conseguenze: Il precariato nel settore scolastico italiano si riferisce alla situazione in cui molti insegnanti lavorano con contratti a tempo determinato, spesso rinnovati di anno in anno. Questa condizione di instabilità lavorativa ha diverse conseguenze negative:

  • Instabilità personale e professionale: Gli insegnanti precari non hanno la sicurezza di un impiego stabile, il che può influire negativamente sulla loro motivazione e sul benessere personale.
  • Qualità dell’insegnamento: La mancanza di continuità didattica può ridurre l’efficacia dell’insegnamento, poiché gli studenti non possono beneficiare di un percorso educativo coerente con lo stesso insegnante.
  • Mancanza di prospettive di carriera: Gli insegnanti precari hanno meno opportunità di avanzamento di carriera e di formazione professionale continua.

Burocrazia e amministrazione

Problemi amministrativi: La burocrazia pesante e inefficiente è un altro problema significativo. Le procedure per le assunzioni, i trasferimenti e le assegnazioni sono spesso complesse e lente, creando incertezze e ritardi che penalizzano sia gli insegnanti che gli studenti.

Disparità regionali

Differenze tra Nord e Sud: Il sistema scolastico italiano soffre di notevoli disparità tra le diverse regioni del paese. Le scuole del Nord sono generalmente meglio finanziate e offrono migliori infrastrutture e risorse rispetto a quelle del Sud. Questo divario influisce sulla qualità dell’istruzione ricevuta dagli studenti.

Infrastrutture Scolastiche

Condizioni delle strutture: Molte scuole italiane, specialmente nelle regioni meridionali, hanno infrastrutture obsolete e inadeguate. Ciò include edifici in cattivo stato, mancanza di attrezzature moderne e ambienti di apprendimento poco sicuri.

Digitalizzazione e Innovazione

Gap tecnologico: Nonostante i recenti sforzi per migliorare la digitalizzazione nelle scuole, esiste ancora un gap significativo nell’accesso e nell’uso delle tecnologie digitali. Questo limita l’innovazione didattica e la preparazione degli studenti alle sfide del mondo moderno.

Riforme e Politiche Educative

Necessità di riforme strutturali: Il sistema scolastico italiano necessita di riforme strutturali per affrontare le sfide contemporanee. Le riforme dovrebbero mirare a:

  • Stabilizzare il personale docente.
  • Semplificare e rendere più efficiente la burocrazia scolastica.
  • Ridurre le disparità regionali.
  • Migliorare le infrastrutture scolastiche.
  • Promuovere l’uso delle tecnologie digitali nell’insegnamento.

Formazione e Aggiornamento degli Insegnanti

Formazione continua: È essenziale investire nella formazione continua degli insegnanti per migliorare le loro competenze professionali. Programmi di formazione e aggiornamento possono aiutare a mantenere alta la qualità dell’insegnamento e a rispondere meglio alle esigenze degli studenti.

Affrontare il precariato degli insegnanti e gli altri nodi irrisolti del sistema scolastico italiano richiede un impegno politico forte e una visione a lungo termine. Solo attraverso riforme strutturali e investimenti adeguati si potrà migliorare la qualità dell’istruzione e garantire un futuro migliore agli studenti italiani.

Mobilità e Vincoli                                                                                                                                               di Doriana D’Elia

Il vincolo che ha svuotato la pila degli adempimenti burocratici ma azzerato le famiglie: solo 4.364 domande di trasferimento interprovinciale soddisfatte al netto del contratto Mobilità, tutte le criticità “passo dopo passo”.

Dai dati riportati dal meticoloso report della sigla sindacale CISL parrebbe che sia terminata l’era del docente fuorisede, infatti, nel documento si legge chiaramente che lo scorso 17 maggio sono stati soddisfatti 3.198 movimenti fra province diverse che riguardano le aree meridionali su un totale di 4.364. Ma la realtà racconta ben altro: ad ottenere il trasferimento sono circa 57mila insegnanti, ma altri 40.000 restano al palo!

Ogni docente poteva presentare più domande. Nel dettaglio, sono state accolte 57.824 di cui 33.501 a domanda, 2.456 a domanda condizionata (perdenti posto) e 18.572 d’ufficio, comprensivi degli accantonamenti per il personale assunto da GPS, e 3.295 domande di mobilità professionale.

Per quanto concerne la scuola dell’infanzia, sono state accolte 6.603; in riferimento alla scuola primaria14.793 hanno trovato soddisfazione; nelle scuole di I grado, invece, ne sono state accolte 15.265 mentre in quelle di II grado 21.163 sono state soddisfatte.

  • Guai ai vinti, da neoassunti ad immobilizzati il passo è breve

Per le domande non accolte se ne parlerà il prossimo anno. Per esse nessun report che narri il flusso e le aspettative deluse. Il numero attuale delle domande inevase risulta, però, inferiore rispetto ai docenti che si sono trovati bloccati dai vincoli di permanenza su sede a seguito di trasferimento interprovinciale, o a causa di scelta puntuale nei movimenti provinciali o perché neoassunti; per queste categorie di docenti non c’è partita da giocare, se ne riparlerà tra un triennio e quando pure saranno liberi il gioco terminerà ben presto per gli aspiranti che parteciperanno ai trasferimenti interprovinciali in quanto disposti, solo, sul 25% dei posti resi vacanti e disponibili. I movimenti tra regioni quest’anno sono stati nettamente inferiori: 4364 totali con 3198 spostamenti verso le regioni meridionali, di cui 1977 da Nord verso Sud, numeri del tutti irrisori rispetto alla reale richiesta ma che parlano di un fenomeno sommerso: il docente fuorisede, cosiddetto immobilizzato. Il quale o è impossibilitato ad ottimizzare la propria sede per effetto delle aliquote disposte da contratto o per dei vincoli che ricadranno a rotazione per tutta la sua carriera a partire dall’assunzione a tempo indeterminato. Il Docente Fuorisede è soggetto, dunque, ad un gioco dell’oca macabro che ferma tre giri ad ogni spostamento, sebbene transitorio.

Anche quando può spostarsi, il docente, può incorre in varie vicissitudini più o mmeno spiacevoli, la mobilità risulta essere un mondo ampio e complesso, di seguito tutte le criticità “passo dopo passo”.

  • La deroga che non soddisfa una popolazione docente vecchia e sempre più povera

Per i docenti neoassunti sono previste però delle deroghe contrattuali al vincolo di permanenza su sede, direttamente acquisite dal ccnl 2019/21 dal nuovo contratto:

  • i genitori, anche se adottivi ed affidatari, di figlio di età inferiore a 12 anni;
  • chi si trova nelle condizioni stabilite dagli articoli 21 e 33, commi 3, 5 e 6, della legge 5 febbraio 1992, n.104;
  • chi può beneficiare dei riposi e dei permessi previsti dall’art.42 del Decreto Legislativo 151/2001 che rivestono la qualità di caregivers.

Ricordiamo però che i docenti italiani sono i più vecchi in Europa, infatti, risultano avere al momento dell’assunzione un’età più alta rispetto alla media OCSE: il 61% dei docenti è un over 50 (la media OCSE è del 39%). Quelli degli istituti professionali tendono però a essere più giovani dei colleghi dei licei. L’età media di un insegnante in Italia è di 50,2 anni, mentre in Germania di 46,3, in Spagna 45,8, in Francia di 44,3 e nel Regno Unito 39,9.

I docenti italiani entrano di ruolo dopo i 40 anni e poco prima dei 50: la tendenza è più accentuata nell’istruzione secondaria di secondo grado, dunque i punti riguardanti la figura genitoriale dell’elenco delle deroghe risulta stretto alla maggior parte dei docenti italiani. Inoltre, siamo un Paese in cui l’insegnamento è ancora a maggioranza femminile: nell’istruzione pre-primaria solo l’1% dei docenti è un uomo, caratterizzando, così, il fenomeno di “madre a distanza”, qualora il vincolo di permanenza riguardi un docente fuorisede, senza nessuna agevolazione fiscale e di supporto per entrambi i destinatari della distanza: madre e figlio. La situazione cambia nell’istruzione terziaria dove oltre il 60% del personale è costituito da uomini ma i disagi del fuorisede permangono sulla dimensione economica. Mancano gli indennizzi di trasferta, alloggi e pasti regolamentati, invece, per altre figure della Pubblica Amministrazione. Se il Ministro lamenta l’impossibilità di “mantenere” aperte le scuole in alcuni punti geografici, specie al Nord, a causa delle frequenti rinunce dei docenti, non disposti a migrare; i docenti, stessi, lamentano di non riuscire a “mantenere” o crearsi una famiglia con l’esiguo stipendio preferendo, quindi, la precarietà a vantaggio di una maggiore stabilità psicoemotiva, purché non lascino la propria terra d’origine, a discapito di un contratto a tempo indeterminato ma distante dai propri affetti.

  • La tregua delle 104 pre-concorso VS le post-concorso: vince chi ha un’ottica previsionale contro le conclamate

Nell’elenco delle possibili deroghe contrattuali che ovviano il vincolo di permanenza triennale su sede ci sono le condizioni previste dagli articoli 21 e 33, commi 3, 5 e 6, della legge 5 febbraio 1992, n.104; ma solo se in possesso dopo l’atto di iscrizione al concorso che ha permesso l’inserimento ai ruoli del docente beneficiario. Procedimento volto al contrasto della cosiddetta “carica delle 104” che la fanno da padrone specie nelle province del Sud puntualmente nei trasferimenti interprovinciali. Ma, nonostante, questo divieto le percentuali risultano, comunque, elevate se non totalizzanti, i controlli rimangono approssimativi e di conseguenza sanzioni inapplicate. Esemplare fu il licenziamento di 4 docenti, nel 2019, derivanti dal patteggiamento per dichiarazioni mendaci nell’istanza di mobilità ad Agrigento; ed ancora, il megaprocesso che vede, ad oggi, in atto ben oltre 45 rinvii a giudizio tra docenti, medici e faccendieri sempre nell’agrigentino. Infine, come non ricordare l’effetto domino delle revoche dei passaggi di ruolo e cattedra dell’anno 2021/22, per erronea attribuzione di precedenze o per la falsa dichiarazione di titoli di abilitazione per le attività di sostegno non posseduti che ha interessato centinaia di trasferimenti annullati e rettificati a partire dal triangolo Caserta-Napoli-Salerno, un’onda di rettifiche che si è estesa fino in Sicilia. Attività non propriamente lecite che documentano un sommerso deviato nelle procedure di mobilità. Uniche procedure delle quali non si conosce la graduatoria integrale dei partecipanti con i relativi punteggi e precedenze prima di procedere alla graduatoria definitiva dei trasferimenti, metodo assunto quale esempio di trasparenza e legalità in tutti gli altri percorsi che riguardano il mondo scuola tranne che nei trasferimenti. Lo sbarramento delle 104 pre-concorso dovrebbe ridurre l’uso reiterato di queste pratiche, ma chi vigilerà sulle nuove? Insomma si vieta l’accesso agli onesti beneficiari per punire chi gli abusi del passato.

  • Il paradosso del sostegno

Sul filone del precedente punto è doveroso ricordare l’inchiesta “Diplomat” che, nel 2018, ha coinvolto 110 persone, tra presidi, personale di segreteria e docenti nel salernitano ed accertati almeno ventidue diplomi taroccati che son costati fino a diecimila euro l’uno ai docenti interessati. L’inchiesta è sfociata in un insolito epilogo: in un incendio doloso del Provveditorato di Salerno che ha interessato, guarda caso, proprio il piano dove erano custoditi registri e verbali utili alle indagini. Seguono poi le dichiarazioni mendaci dei titoli o titoli non idonei per i movimenti nell’anno 2021/22. Ma esiste un’altra criticità riguardante la mobilità dei docenti regolarmente specializzati per il sostegno didattico, ed è il paradosso che in presenza di un posto disponibile il docente in ruolo che desidera ricongiungersi alla propria famiglia ma in situazione di vincolo di permanenza non può usufruirne in mobilità, invece, ne può usufruire un docente precario in assenza di titolo per via del meccanismo delle graduatorie incrociate. Il “Merito di ultima generazione” decide di bloccare un docente specializzato, precludendogli, tra l’altro, il ricongiungersi ai propri affetti, a vantaggio di chi è senza titolo ma precario.

  • La professionale inesistente

La mobilità è regolamentata sulla base di aliquote. Un 25% dei posti è riservato alla mobilità professionale ossia agli spostamenti tra gli ordini di scuole e classi di concorso diverse dal ruolo di appartenenza purché se ne possegga l’abilitazione. Quest’anno le richieste soddisfatte per quest’ordine di procedura sono state 3.295 su un potenziale di posti riservati pari al doppio dato che i pensionamenti totali saranno 21.322 e la mobilità professionale è disposta prioritariamente sul 25%, i posti residui sono andati in compensazione alla mobilità territoriale. La causa della mancata professionale è stata la latitanza di un sistema di abilitazione, il prossimo anno sarà previsto il grande flusso in quest’ambito.

1.5 L’ondata dei fuorisede prevista per il 2026

L’anno scolastico 2023/2024 ha interessato 50.807 docenti nelle procedure di immissioni in ruolo su un totale di posti vacanti pari a 81.023. Questo perché quest’anno il contingente delle immissioni in ruolo è stato “decurtato a monte” di circa 30 mila unità, destinate ai prossimi concorsi PNRR. Sono stati assegnati, dunque, circa il 50% dei posti, un risultato modesto ma in linea con quello degli ultimi anni.

Utile rilevare come del totale delle cattedre assegnate ben 11.637 derivano da nomine da GPS 1 fascia sostegno, un dato che conferma l’utilità strategica della chiamata da GPS al fine del risultato complessivo delle operazioni di attribuzione dei posti e che la riconferma della procedura sia utile per “l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2024-25” che vedrà in attivo 62.393 posti disponibili, tra comuni e di sostegno, utili per le immissioni in ruolo. Però, entrambi gli anni scolastici sono soggetti al vincolo di permanenza triennale, facile intuire, che indipendentemente dai flussi migratori, entro il 2026 ci sarà il boom delle richieste delle domande di trasferimento e per l’interprovinciale il gioco sarà sul, già citato, irrisorio 25% dei pensionamenti che non riusciranno ad ammortizzare la richiesta.

  • Il concorso riparatore per una mobilità “all’italiana”

È uso comune tra i docenti fuorisede ricorrere al concorso riparatore, gli interessati: i docenti ante legem 107/2015, che non hanno trovato accoglienza ottimale con la mobilità straordinaria sul 100% dei posti, nonostante il vantaggio della precedenza rispetto alle altre fasi di mobilità e chi ha partecipato negli anni alle call veloci. I concorsoni presi d’assalto furono quelli della primaria e della secondaria di primo e secondo grado del 2018, causa per cui le graduatorie sono ancora attive nelle regioni meridionali; e i concorsi 2020, tra cui il concorso fantasma che non ha mai restituito l’iscrizione agli interessati. L’effetto dell’apertura dei concorsi ai docenti di ruolo (non prevista nei concorsi precedenti al 2018) ha visto soddisfatte le aspettative di molti docenti fuorisede che si son trovati nella posizione utile per la propria provincia di appartenenza. Per coloro i quali la provincia non era tra le desiderate si è proceduto con la rinuncia al ruolo. Le conseguenze di questi stratagemmi all’italiana? Valanghe di rinunce che hanno rallentato le nomine in ruolo con il ricorso di quelle in surroghe che hanno visto, spesso, assegnare posti vantaggiosi ai punteggi minori, lasciando l’amaro in bocca a chi, avendo un punteggio più alto, ha partecipato all’assegnazione prima delle rinunce. Altra conseguenza: qualora il docente fuorisede accetti la nuova nomina, i posti che occupa: quello in sede di titolarità e quello che ottiene in mobilità annuale (assegnazione provvisoria interprovinciale), non saranno resi disponibili né nell’organico di diritto (assunzione/mobilità) né in quello di fatto (mobilità annuale, assegnazione provvisoria). Quindi, un docente fuorisede, che stanco di attendere il trasferimento territoriale, deciderà di optare per questa soluzione lascerà 2 posti per occuparne il terzo.  In fin dei conti, il docente fuorisede recupera, a denti stretti, ciò che gli spetta di diritto: il 50% dei posti che gli viene sottratto annualmente. Ritardi e riconversione dei posti non avverrebbero se questi fossero già resi disponibili al momento delle fasi di mobilità interprovinciale, per poi, procedere in maniera più snella e veloce nell’assegnazione dei ruoli e delle assegnazione provvisorie.

Consegnare il 100% alla mobilità interprovinciale significa consegnare pari dignità alla professione insegnante che ad oggi viaggia a due velocità differenti creando una situazione di disparità tra il personale assunto nella propria provincia di residenza che, volendo ottimizzare la propria sede gode, della totalità dei posti e non sarà soggetto a vincoli di permanenza su sede se non per scelta puntuale; mentre il docente assunto fuori dalla propria provincia di residenza (ad oggi i concorsi sono su base regionale e non provinciale) nell’ottimizzare la propria sede se vorrà spostarsi verso altra provincia vedrà l’abbattimento del 75% dei posti a suo favore e la reiterazione dei vincoli di permanenza triennale indipendentemente dalla scelta operata, colpevole solo di aver creduto in un sistema che è quello del Merito.

 

Ritardi nella pubblicazione delle date relative ai colloqui finali per i neoimmessi in ruolo

di Ylenia Franco

 Gli ultimi mesi di scuola sono notoriamente quelli più intensi per i neoimmessi, i quali si preparano, emotivamente e materialmente, al momento finale del loro percorso di formazione, tirando le somme di tutte le attività svolte: i laboratori formativi, le attività del per to peer e il completamento della piattaforma INDIRE. 

La discussione avverrà di fronte al Comitato di Valutazione, a cui spetta il compito di dichiarare l’idoneità del docente all’insegnamento e quindi la conclusione positiva o negativa del percorso.

“Per chi volesse approfondire, può seguire il nostro approfondimento su Youtube a questo link.

Quest’anno però le cose sono state più complicate perché i percorsi di formazione e prova hanno visto delle diverse modalità di conclusione legate alla procedura di immissione dei singoli docenti”. 

Infatti per i docenti assunti tramite concorso ordinario con abilitazione o con procedura ex art. 59, c. 9-bis, D.L. 73/2021la valutazione ha previsto due momenti: 

il Colloquio finale da sostenere di fronte al Comitato di valutazione della scuola di servizio

 il test finale che consiste, come declina il DM 226/2022, nella discussione e valutazione delle risultanze della documentazione contenuta nell’istruttoria formulata dal tutor accogliente e nella relazione del dirigente scolastico, con espresso riferimento all’acquisizione delle relative competenze, a seguito di osservazione effettuata durante il percorso di formazione e periodo annuale di prova”.

Il tutto da concludersi entro l’anno scolastico.

Per i docenti assunti ai sensi dell’art. 59, c. 4, D.L. 73/2021 o ai sensi dell’art. 5-ter, D.L. 228/2021 alle due fasi sopracitate si aggiunge la ‘prova disciplinare’.

Mentre le prime due fasi avvengono nello stesso momento, la prova disciplinare sarà successiva, perché conseguente all’esito positivo delle prime due.

 

Infine l’ultima procedura riguarda i docenti neoassunti ai sensi dell’art. 5, c. 5 e ss., D.L. 44/2023, che affiancheranno al Colloquio e al test finale la Lezione simulata. Le tempistiche indicate prevedono che la procedura debba concludersi entro il 15 luglio 2024.

Anche la Lezione simulata avviene contemporaneamente alle prime due fasi, ma il Comitato di Valutazione sarà affiancato in questo caso da una componente esterno, nominato dall’USR.

Purtroppo, sono molte le segnalazioni di docenti che ad oggi non hanno ricevuto comunicazioni circa le date di discussione del colloquio finale. 

È chiaro che, vista la molteplicità di procedure in atto, deve essersi creata un po’ di confusione nell’organizzazione delle singole istituzioni, ma bisogna tener conto delle esigenze dei colleghi neoimmessi, che dopo un anno intenso come quello appena vissuto vorrebbero avere informazioni chiare, e date definite in modo da potersi preparare al meglio per questo importante appuntamento. 

Auspichiamo quindi che gli organi preposti si muovano celermente in questa direzione.

 

I percorsi abilitanti                                                                                                                                          di Elvira Fisichella

Il 2024 è stato anche l’anno dei nuovi percorsi abilitanti, che dovevano essere erogati in duplice formula e in concomitanza: da 60 cfu per chi non possiede abilitazione, da 30 cfu per chi ne possiede già una e desidera migliorare la propria posizione lavorativa passando ad altro grado o cdc, come nel caso dei docenti di ruolo, o per darsi una possibilità in più per raggiungerlo, nel caso dei docenti precari. I principali fautori dei nuovi percorsi abilitanti sono stati proprio i docenti di ruolo in attesa di seconda abilitazione dagli ultimi PAS del 2013, i cosidetti “ingabbiati”: fra questi, tanti docenti assunti con la L.107/2015 e ancora impossibilitati a rientrare nelle province di residenza sulla cdc di titolarità, una questione aperta ed ancora irrisolta a cui, forse, la seconda abilitazione fornirà qualche chance.

Tuttavia, la disorganizzazione e i ritardi con cui la prima tornata di corsi è partita, quella da 30 cfu/cfa, ha creato non pochi problemi, a causa di un raccordo poco efficace, a conti fatti, fra i due Ministeri coinvolti, Istruzione e Università; sin dall’uscita dell’ordinanza di aggiornamento delle GPS 2024/26, è stato infatti palese il rischio di non riuscire ad abilitarsi in tempo, ovvero entro le 23:59 del 10 giugno, prima scadenza fissata per la domanda di aggiornamento delle GPS: sarebbe stato difficile, entro quel termine, portare a compimento un percorso di per sé già pieno di incognite, complesso e decisamente tardivo rispetto agli obiettivi da raggiungere. Per risolvere la questione, il MIM ha pertanto disposto, in un primo momento, una iscrizione alla prima fascia delle GPS con riserva, purché si conseguisse l’abilitazione entro il 30 giugno, lasciando in tal modo un lasso di tempo più ragionevole alla macchina organizzativa; di contro, gli Enti erogatori (Università Statali, telematiche e Conservatori di Musica) hanno rilevato un altro rischio, ovvero che abilitarsi entro il 30 non avrebbe consentito di caricare il nuovo punteggio nelle GPS in modo totale, ovvero su tutte le cdc in cui i docenti risultano iscritti, bensì in modo parziale, esclusivamente sulla cdc in cui si sarebbe conseguita l’abilitazione: da ciò una corsa contro il tempo per anticipare e terminare i percorsi da 30 cfu entro il 10. Tutto ciò ha fatto vivere giornate davvero concitate nella prima settimana di giugno agli Enti formatori e naturalmente ai docenti, in un periodo già pieno di impegni come quello del termine delle attività didattiche. Risultato: qualcuno è riuscito ad abilitarsi entro il 10, qualcuno dovrà comunque attendere fine giugno, entro il 30, mentre altri avranno atteso invano, siccome i percorsi abilitanti da 60 cfu non sono affatto partiti. Questa corsa frenetica ad abilitarsi entro il 10 giugno, che ha fatto registrare innumerevoli lamentele da parte dei docenti, peraltro, si è infine rilevata del tutto inutile il giorno stesso della scadenza, allorquando si è verificato l’ennesimo colpo di scena: la data di aggiornamento delle GPS è stata spostata dal 10 giugno alle 23:59 del 24.

Al momento, nessuno ha ancora compreso a chi sarà utile questa proroga, siccome alcune Università e, in particolare, i Conservatori di Musica, si erano organizzati per portare a termine i percorsi abilitanti entro il 30 e non certo entro il 24, motivo per cui non potranno in ogni caso beneficiare della proroga, nonostante, nelle intenzioni del Ministero, ci fosse proprio l’intento di consentire a tutti di ultimare i percorsi abilitanti entro la scadenza dell’aggiornamento delle GPS. Ancora problemi di comunicazione, stavolta anche con i Sindacati. In tutto questo caos, l’unico denominatore comune a tutti i corsisti è l’esborso di una cifra di non poco conto, intorno ai 2000 euro, da racimolare nel giro di un paio di mesi, il che non è certo un problema da poco per un docente, sia di ruolo che, a maggior ragione, precario: ciò ha segnato, di base, la prima discriminazione a danno di migliaia di lavoratori della scuola che non disponevano di tale cifra, il che nulla ha a che fare col merito. Se la macchina è riuscita comunque a raggiungere un traguardo almeno parziale, più che all’organizzazione generale lo si deve alle numerose professionalità coinvolte dalle Università e dai Conservatori in questi ultimi due mesi, nel corso dei quali ognuno ha dato il massimo, così come hanno fatto i docenti, per colmare le lacune di un sistema ancora, evidentemente, in piena fase di rodaggio.

 

Grande il disagio del mondo ATA                                                                                                                  di Diego Palma

Oltre alle già tante incombenze che quotidianamente sono impegnati a rispettare, non mancano le novità negative per gli Assistenti amministrativi con il nuovo contratto per esempio, ormai sono da considerarsi tutti fungibili, ciò utili e duttili alle occasioni tante volte senza nemmeno una formazione adeguata, pensiamo all’obbligo di piattaforme tipo “Passweb” di competenza Inps che i colleghi in segreteria sono stati “obbligati” ad imparare a mena dito senza nessun tipo di compenso accessorio. Oppure di assistenti tecnici “itineranti” anche loro obbligati a saltare da una scuola all’altra vista la mancanza di personale e sopratutto di investimenti su laboratori e forniture. Non mancano i danni per i Collaboratori, i quali si sono visti rifilare mansioni accessorie in contratto come la cura e l’assistenza anche ai bambini normodotati nella scuola primaria in più ale già tante specifiche che debbono sosttostare sui bambini disabili, così apportando un risparmio notevole per lo Stato il quale ha risparmiato su assistenti materiali e nuove figure. Altra beffa sarà l’introduzione della figura dell’operatore scolastico che forse vedrà la luce chissà quando perché si sa senza soldi non si cantano messe e per creare questa nuova figura e inserirla nelle scuole a conti alla mano ci vorranno circa 300 milioni di euro cosa che vediamo difficile al momento.

Ma sopratutto ciò che da addetti ai lavori ci chiediamo, cosa fare questo operatore?                                Quali mansioni realmente avrà?                                                                                                                                    Era così indispensabile per mandare avanti le scuole italiane?                                                                            Forse non era il caso di ripensare al sistema e formare maggiormente quelli già presenti con questi danari?                                                                                                                                                                          Non era più utile aumentare gli stipendi?                                                                                                                Un Cs oggi guadano netti 1150 al mese senza scatti e progressioni serie di carriera, meno di 7€ lordi, dove è per loro il salario minimo?

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