L’uso della parola chiede riflessione

L’uso della parola chiede riflessione

Riceviamo e pubblichiamo

di Anna Lanzetta

La velocità con cui viviamo la nostra esistenza ci toglie troppo spesso il tempo per riflettere prima di usare le parole, dimenticando che esse sono lo strumento che ci definisce negli atti, nei comportamenti e nel linguaggio. Purtroppo, assistiamo quotidianamente a un uso improprio delle parole, senza considerare che esse, nelle loro diverse forme, parlata o scritta, hanno segnato la nostra evoluzione e il cambiamento della società che noi tutti componiamo. In ogni situazione, dalla più semplice alla più complessa, le parole richiedono cura e rispetto, perché ci rappresentano. Ogni educatore, e tutti lo siamo, in ogni ambito sociale, deve tenerle in cura per la preziosa finalità che rivestono: la formazione.

 

Le parole sono lo strumento che ci permette di comunicare e pertanto vanno scelte con attenzione per raggiungere l’obiettivo. Non è solo l’insegnante a utilizzarle ad arte per il suo lavoro, ma ogni componente della società, nel proprio ambito, deve conferirle decoro. Le parole sono il veicolo di trasmissione del pensiero e il loro uso diventa sempre più delicato man mano che chi le sceglie riveste ruoli importanti nella società, fino a quelli istituzionali. Noi educatori, nel formare e nell’insegnare, facciamo uso costante delle parole, scegliendole con cura per farne uno strumento educativo nella comunicazione e nell’ascolto. Le parole arrivano ai bambini, agli adolescenti, ai giovani che guardano a noi adulti come esempi da seguire. Ogni nostro errore è per loro un danno, ogni parola che sfugge, anche se involontariamente, al nostro controllo è un marchio difficile da cancellare. I bambini ci guardano e ci imitano!

L’uso della parola recentemente al centro di tante polemiche, e intorno alla quale molti si sono espressi, mina qualsiasi tentativo di educare al suo corretto uso, perché troppo in vista sono coloro che l’hanno usata in modo sconsiderato. La parola non può identificarsi a nessun livello con vendetta, livore, risentimento o altro; il termine usato è un uso sconcio che nessun educatore potrà mai né accettare né giustificare. Questo episodio ci mostra il livello culturale a cui siamo scesi e non ci invita a schierarci, ma a rifiutare tale degradazione in nome dell’educazione.

Per il bene di tutti, è necessario tornare a parlare con dignità e rispetto, in ogni ambito della vita sociale, riflettendo attentamente, memori dell’“Umorismo” di Pirandello, in cui l’invito alla riflessione è pregnante. L’uso delle parole ci caratterizza come persone responsabili nei confronti di chi ci ascolta, e il pensiero dei bambini ci obbliga a una scelta attenta e consapevole. Lasciamo al di fuori della nostra vita ogni azione teatrale: il teatro è vita, ma non ha bisogno di tali esibizioni.