Tu bocci, io sboccio

Tu bocci, io sboccio

Ennesima delusione, per la scuola italiana, ennesimo appuntamento mancato. Il Ddl appena varato dal Governo Meloni, voluto dal ministro Valditara (Istruzione e Merito) è proprio l’ennesimo esempio del topolino partorito dall’elefante. I problemi della scuola italiana, secondo il ministro Valditara, e secondo l’attuale maggioranza pare che si concentrino solo nel 5 in condotta. Non la sfida tecnologica. Non l’innovazione metodologica e didattica. Non la rivoluzione del tempo scuola. Non le classi pollaio. Non le deficienze strutturali. Non le miserie gestionali. Non lo «ius scholae». Niente di tutto questo. Il problema della scuola italiana pare che sia risolvibile dalla reintroduzione del 5 in condotta, e dalla possibilità di bocciare, che tale 5 (finalmente) permetterebbe. La scuola italiana, da oggi, rifiorirà tutta, grazie a questo Ddl. Stupisce che dinanzi al dilagare del «vannaccismo» come cultura dominante di questo governo, un partito d’ispirazione liberale come Forza Italia, che da mesi è impegnata nel Paese, con la rivendicazione di misure legislative sul così detto «ius scholae», se ne stia zitta, allineata e ubbidiente. Ma per davvero si crede che con multe, manganellate e bocciature i docenti e la scuola italiana recuperino autorevolezza?

La scuola del (così detto) merito vive nell’ossessione della bocciatura, e non, invece, nella tensione etica della promozione dei propri alunni (nel senso etimologico di far progredire, dare impulso, favorire: da pro-movēre, muovere avanti). Ho voluto intitolare questa mia riflessione, con l’espressione «tu bocci, io sboccio», che è stato il titolo di un bel libro di Eugenio Scardaccione, pubblicato qualche anno fa da Progedit – Bari, educatore e Dirigente Scolastico, che, anche a partire dalla sua esperienza personale, aveva fatto notare quanto fosse importante, per un docente, per la scuola in generale, favorire le condizioni di crescita dei propri studenti, trovare il giusto «gancio», per ciascun alunno, e non, piuttosto, incamminarsi lungo la scorciatoia più facile ma fallimentare della bocciatura. Per citare don Lorenzo Milani, mi permetto di dire che la sfida vera, per un medico, è trattare e risolvere i casi difficili, i casi critici, i casi disperati. Per una semplice influenza, o una semplice slogatura, saremmo bravi tutti. Immaginate, ironizzava don Milani, un ospedale che respinga i malati, per accogliere solo i sani? Una scuola che bocci e che respinga i casi difficili, per tenersi solo studenti che sappiano già leggere; che sappiano già scrivere; che sappiano già far di conto; che sappiano già salutare con educazione il prof che entra in classe; che sappiano già relazionarsi con le compagne e con i compagni; che sappiano già differenziare tra umido e secco; che sappiano già aiutare chi è in difficoltà; che sappiano già accogliere gli ultimi, tutti gli ultimi della terra? La immaginate una non-scuola del genere?