Nel mondo della scuola, l’ambizione di riforme spesso si scontra con la realtà, come dimostra il recente caso del Liceo del Made in Italy. La proposta, definita “propagandistica” da molti, ha incontrato una forte opposizione da parte di famiglie, docenti e dirigenti scolastici, rivelando le fragilità di un progetto concepito in fretta e imposto dall’alto.
Con oltre 400 istituti coinvolti in tutta Italia, la riforma ha sollevato numerose critiche da vari collegi dei docenti. La mancanza di un regolamento definito, la scarsa chiarezza sulle discipline del triennio e l’assenza di profili post-diploma hanno contribuito a un’adesione limitata. Il rischio di compromettere l’ottima esperienza offerta dal Liceo Economico Sociale (LES), consolidato e apprezzato da studenti e famiglie, è evidente nelle cifre delle iscrizioni.
I detrattori della proposta sostengono che le riforme dovrebbero essere frutto di un dialogo costruttivo con il mondo della scuola, anziché essere impose dall’alto. La mancanza di considerazione per i percorsi già esistenti, come quelli previsti dall’istruzione tecnica con un focus su relazioni internazionali e marketing, o quelli presenti negli istituti professionali, rende il Liceo del Made in Italy un passo falso evidente.
Irene Manzi, responsabile nazionale scuola del Pd, ha chiaramente dichiarato il suo dissenso, definendo la proposta un “fallimento su tutta la linea”. Manzi solleva la confusione del ministro Valditara, sottolineando che le riforme dovrebbero essere mirate a migliorare, non a creare ulteriori problemi. Resta da vedere se il governo sarà in grado di correggere il tiro, considerando le critiche e le preoccupazioni espresse da diverse parti interessate.