Il giudizio/valutazione finale di “non ammissione alla classe successiva” ha ancora un senso?

Il giudizio/valutazione finale di “non ammissione alla classe successiva” ha ancora un senso?

La scuola è un’Istituzione nella quale i docenti giudicano (dovrebbero giudicare) gli studenti loro affidati mediante verifiche scritte, orali e pratiche (a seconda delle discipline, ovviamente) periodiche per poter verificare il livello di apprendimento raggiunto in termini di conoscenze, abilità  e competenze.

E’ ovvio che senza le conoscenze non si possano acquisire abilità e competenze anche se questo sembra essere diventato un elemento vintage della scuola dei nostri tempi moderni.

Gli organi collegiali competenti stabiliscono il numero minimo di verifiche scritte, orali e pratiche da effettuare per singolo periodo (a seconda di quanto deliberato dal primo Collegio Docenti dell’anno scolastico che, normalmente, si tiene il primo settembre di ogni anno o il due settembre in alcuni casi).

Tale numero minimo viene stabilito in quanto si ritiene che per la singola disciplina sia il numero che garantisce un’adeguata valutazione dello studente e, quindi, fornisca gli elementi ufficiali per poter esprimere un giudizio corretto e completo nei confronti del singolo studente.

Oltre a ciò, tuttavia, gli elementi di giudizio sono molteplici, quali, a mero titolo esemplificativo, possiamo citare i seguenti:

  • livello di attenzione durante le lezioni;
  • livello di partecipazione attiva e pro-attiva;
  • prendere appunti;
  • puntualità nell’eseguire i compiti (non solo domestici) assegnati.

Ora, l’essere umano è tutt’altro che perfetto visto e considerato che come ebbe a dire il grande Totò “nessuno nasce imparato”, e, quindi, l’errore è sempre dietro l’angolo, per chiunque e qualsiasi sia il ruolo che ricopre nella specifica situazione.

Nella scuola moderna, le occasioni che vengono offerte ai discenti per recuperare eventuali lacune emerse nel corso dell’anno scolastico sono innumerevoli, ma da sole non bastano se non vengono colte in modo opportuno dall’allievo.

L’introduzione del registro elettronico con il D. L. 6 luglio 2012, n. 95 – Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini ((nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario)) convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 135

https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2012-07-06;95 

aveva  – ed ha ancora – lo scopo di facilitare il lavoro dei docenti, ma anche e, soprattutto, favorire e migliorare le informazioni che la scuola fornisce alle famiglie integrando quelle che vengono date nelle ore di colloquio individuale settimanale.

Perché? Semplicemente perché non tutti i genitori possono venire ai colloqui in presenza e, quindi, il registro elettronico assolve (dovrebbe assolvere) il compito di tenere costantemente aggiornati genitori e studenti sull’andamento scolastico e sui compiti assegnati come lavoro domestico e giorni e orari di verifiche scritte, orali e pratiche con relativi argomenti.

Ovviamente, lasciando perdere il discorso sulla validità legale a fini di prova in giudizio del registro elettronico stesso, visto e considerato che non risulta nessuna norma che attribuisca tale valore allo strumento.

Dopo questa necessaria premessa, veniamo al focus del discorso.

Tra i compiti attribuiti al docente c’è anche quello della valutazione di uno studente che si articola nei seguenti momenti:

  • individuale;
  • collegiale;

il primo si estrinseca nella valutazione periodica di verifiche scritte, orali e pratiche; il secondo si ha quando si tengono i Consigli di Classe per la valutazione di metà periodo, gli scrutini del primo periodo e gli scrutini finali.

Sono particolarmente rilevanti, ovviamente, gli scrutini finali perché sono quelli in cui lo studente viene a conoscere il giudizio definitivo sullo stato del suo apprendimento mediante le seguenti espressioni:

  • ammesso alla classe successiva (= promosso);
  • sospeso (= deve riparare alcune discipline);
  • non ammesso alla classe successiva (= respinto/bocciato).

E’ evidente che a nessuno piaccia veder scritto a fianco del proprio nominativo “non ammesso alla classe successiva”, ma è comunque un’eventualità da mettere in conto.

Ora, ci sono due tipologie di “non ammissione alla classe successiva”:

  1. mancata frequenza (= lo studente ha superato il numero di ore di assenza concesso dalla normativa pari al 25% delle ore complessive previste);
  2. numero di insufficienze.

Nel primo caso è possibile “evitare” la non ammissione se ci sono motivi di deroga (stabiliti dal Collegio Docenti) e presentati per tempo dai genitori alla scuola; nel secondo caso bisogna tener conto anche di altri fattori:

  1. se le insufficienze sono gravi o meno;
  2. se le insufficienze sono in materie di indirizzo o meno (soprattutto per la scuola secondaria di secondo grado);
  3. se le insufficienze sono aumentate o diminuite nel corso dell’anno scolastico;
  4. se il livello di apprendimento è migliorato o meno.

 

 

 

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