Scuola primaria: affrontare l’inserimento in prima elementare. Ne parliamo con Adelia Lucattini

Scuola primaria: affrontare l’inserimento in prima elementare. Ne parliamo con Adelia Lucattini

Dott.ssa Lucattini, torniamo a occuparci di scuola. Questa volta dei bambini che nei prossimi giorni dovranno affrontare l’ingresso nella scuola primaria. Molti genitori vivono questo momento con grande ansia. Come mai?

Anche genitori, affettuosi e amorevoli, nel momento in cui i loro bambini iniziano la scuola, sono in apprensione poiché vivono un’intensa ansia da separazione. Capita anche alla scuola materna, ma la separazione in quel caso è modulata dal periodo dell’ “inserimento” necessario sia per i bambini che per i genitori. L’inizio della scuola elementare, invece, è necessariamente un po’ più brusco, benché l’esperienza non sia completamente nuova. Inoltre, iniziare la scuola marca una tappa evolutiva per i bambini ed un ciclo esistenziale per i genitori che ricevono, anche inconsciamente, un’idea precisa della progressiva autonomia dei figli e del trascorrere del tempo. L’inizio di nuovo ciclo scolastico è anche un rito di passaggio.

 

 

Cosa possono fare i genitori per fare vivere ai propri bambini questo momento in maniera naturale?

Innanzitutto, è importante tenere a bada le proprie ansie di separazione, che se da un lato sono inevitabili, possono essere però gestite e controllate, affinché non alimentino quelle dei loro figli. I bambini avvertono sempre se i genitori hanno problemi di separazione. Un modo per aiutare entrambi a sentirsi meglio è che i genitori sviluppino un buon rapporto di stima e fiducia con le insegnanti. Inoltre, con il cessare delle misure pandemiche, i primi giorni è utile riprendere la buon abitudine di accompagnare i bambini in classe, ciò fa da ponte con la materna, addolcisce la transizione, ha un valore affettivo e permette di partecipazione discreta e non intrusiva, alla vita scolastica. Inoltre, osservare l’ambiente in cui i bambini stanno tutto il giorno, li tranquillizza e può essere uno stimolo per parlare insieme, al ritorno a casa, di quello che accade a scuola, partendo dall’ambiente per poi arrivare a loro.

Per i genitori che hanno avuto delle esperienze scolastiche negative, soprattutto all’inizio è importante riconoscere che i figli potrebbero avere un’esperienza molto diversa dalla propria, sia perché i genitori imparano dagli errori dei propri genitori, sia perché ci sono stati dei cambiamenti, non solo generazionali, ma anche nella struttura familiare e negli stili relazionali tra genitori e figli, oggi più affettuosi e teneri di un tempo. Da sempre, comunque, i bambini sono contenti di andare a scuola, se si lamentano spesso è perché temono di ferire i genitori se si mostrano troppo contenti. I bambini si preoccupano di lasciare i genitori da soli, un po’ perché identificati con loro e un po’ perché sensibili e attenti ai loro moti dell’animo.

 

Ci sono bambini che potrebbero non accettare serenamente il passaggio dalla scuola materna all’elementare? E per quali motivi, questo avviene?

In generale, tutti i bambini sentono la mancanza delle proprie insegnanti della materna, soprattutto se cambiano plesso scolastico e non hanno modo di rincontrarle; una seconda ragione è per gli amichetti di scuola che potrebbero non essere loro compagni di classe alle elementari. Un’altra ragione ancora è di tipo educativo, ci sono dei “falsi miti” che circolano sulle scuole elementari, spesso alimentati inconsapevolmente anche dai genitori.

Il fulcro di questa mitologia negativa sono idee fantasiose che fanno però preoccupare i bambini: non potranno più giocare, dovranno fare i compiti difficilissimi, avranno poco tempo libero, dovranno impegnarsi e sacrificarsi fino allo sfinimento, dovranno essere bravissimi (avere voti dal 10 in su!) e dulcis in fundo “le nuove maestre sono severissime”.

Solitamente le insegnanti sorridono di questo tipo di affermazioni, sapendo che sono spesso alimentate dai fratelli e dai cugini maggiori, che in questo modo, esprimono la loro la gelosia e la competizione con i più piccoli.

 

 

La scuola dell’infanzia che importanza ha nella preparazione dei bambini che si apprestano a entrare in prima elementare?

Ha un ruolo fondamentale, perché è il primo momento di separazione importante dai genitori e di cui i bambini sono pienamente consapevoli, rispetto all’asilo nido. Con la scuola dell’infanzia inizia inoltre la scolarizzazione, la socializzazione progressiva, fuori dal nucleo familiare, con i bambini della stessa età e l’apprendimento delle regole e dei comportamenti caratteristici del gruppo classe.

La mission è definita con chiarezza anche dal MIUR: “La scuola dell’infanzia fa parte del Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni ed è il primo gradino del percorso di istruzione, ha durata triennale, non è obbligatoria ed è aperta a tutte le bambine e i bambini di età compresa fra i tre e i cinque anni”. Inoltre, “concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento e mira ad assicurare un’effettiva uguaglianza delle opportunità educative. Nel rispetto del ruolo educativo dei genitori, contribuisce alla formazione integrale dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il nido e con la scuola primaria”.

 

 

È vero che i bambini vivaci sono quelli più soggetti a stress pre-inserimento?

Bisogna distinguere, se si tratta di vivacità caratteriale in bambini esuberanti o se invece di bambini la cui vivacità è espressione di un disagio emotivo, psicologico o degli apprendimenti. Nel primo caso, ci troviamo di fronte a bambini ipervitali di natura e lasciati molto liberi di esprimersi, oppure ad un problema di educazione, ad esempio bambini con poche o senza regole, oppure a bambini che non hanno potuto frequentare la scuola materna e quindi non sono già scolarizzati, durante la pandemia lo si è osservato spesso. Questo tipo di  vivacità e iperattività motoria scompare nel giro di qualche mese. Certamente, è necessario mettere in campo una serie di strategie di “accompagnamento” alla nuova esperienza scolastica e trovare il modo per comunicare con il bambino in modo efficace, raggiungendolo lì dove lui si trova, affettivamente ed emotivamente, tenendo conto del suo livello di sviluppo psico-emotivo, per portarlo progressivamente in una dimensione più vicina alla sua età e che lo metta in condizione di comprendere e rispondere in modo adeguato alle nuove richieste.

Nel secondo caso, quando la vivacità è legata a disturbi d’ansia, depressione infantile, difficoltà scolastiche specifiche, ADHD (malattia neuropsicologica), disabilità, etc., è necessario che i bambini siano seguiti da specialisti fuori dalla scuola e che per loro sia attivato un Programma didattico personalizzato (PDP), seguendo anche le indicazioni dei curanti che si rapportano con i genitori e con la scuola.

 

 

Tra i bambini che entrano in prima elementare, ci sono anche quelli di 5 anni e mezzo che compiranno i 6 anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento. In questo caso, ci sono accorgimenti particolari da seguire da parte dei genitori?

Certamente, è importante che i genitori sappiano che l’età evolutiva oscilla per cui anche i bambini che vanno a scuola a sei anni potrebbero avere un’età emotiva e psichica di cinque anni e mezzo, difficilmente capita che possano avere un’età evolutiva maggiore, ma se accade, certamente, questo non è un problema tranne che nei primissimi mesi, potrebbero un pochino annoiarsi a scuola, soprattutto se non hanno fratelli più piccoli o sono figli unici.

Da un punto di vista psicologico, non è mai consigliabile che i bambini siano privati di un anno di scuola materna. Molti studi hanno dimostrato che quel tempo sottratto al gioco e alla dimensione ludico-educativa, tipica della scuola dell’infanzia, è un tempo che verrà poi recuperato in seguito anche da un punto di vista dell’andamento scolastico e accademico. Non si tratta semplicemente di ripetere un anno scolastico, che può succedere, ma anche la necessità dei giovani di prendere un anno sabbatico tra la scuola superiore e l’inizio dell’università o tra la fine dell’università e l’inizio del lavoro.

In alcune regioni italiane e ambienti sociali, vi è proprio l’abitudine o la tradizione di mandare i bambini a scuola anticipatamente, da un punto di vista psicologico e pedagogico si è visto che, comunque sia, non risulta particolarmente vantaggioso per bambini.

Negli ultimi anni, il fenomeno è sostenuto soprattutto dalle difficoltà economiche delle famiglie. Anticipare l’eta d’ingresso nella scuola, è un grande risparmio per i nuclei familiari, data la carenza in Italia di asili nido pubblici. Le rette degli asili nido privati per molte famiglie hanno un costo molto elevato, così come le baby-sitter a tempo pieno, per i genitori che lavorando non possono occuparsi dei bambini. I nonni spesso sono lontani, ancora lavorano o sono troppo anziani.

In paesi in cui vi è un’attenzione particolare all’infanzia, l’età è posticipata, in Danimarca, Finlandia e Svezia l’istruzione obbligatoria ha inizio al compimento del settimo anno di età, in Germania a sei anni compiuti, ma può iniziare anche a sette su richiesta dei genitori. In Olanda a sei anni, negli USA a sei anni, in UK esiste una pre-school con bambini dai 5 ai 6 anni introduttiva alla Primary school.

 

Crede sia importante fare praticare lo sport ai bambini dopo la scuola? E con quale frequenza?

Per i bambini che fanno una vita all’aria aperta è comunque importante che inizino a praticare uno sport fin da piccoli almeno due volte a settimana e aumentare progressivamente con la crescita. Tutti gli sport sia individuali, che di squadra, hanno un valore fondamentale nella crescita psicologica e nella maturazione emotiva, per la loro intrinseca efficacia a livello psicofisico e inoltre, poiché favoriscono la socializzazione e l’apprendimento di regole attraverso la presenza e la guida di un maestro/a.

Certamente, il nuoto è indispensabile per la prevenzione dell’annegamento, la scherma è importante  per la coordinazione, infatti, è molto utile nei bambini poco coordinati o disprassici. Altrettanto importanti per la coordinazione motoria sono la ginnastica e la danza, che restano utili anche se poi i bambini decidono di praticare altri sport.

Alcune attività sportive conservano un aspetto sociale anche nell’ adolescenza e poi da adulti, ad esempio il tennis e le sue derivazioni, lo sci, il calcio, la pallavolo, etc., che possono essere praticati anche sulla sabbia. Da tenere presente tutti gli sport acquatici, dal surf, al windsurf, alla vela, alla canoa, allo sci nautico, etc. Negli ultimi anni, si sta affermando anche l’atletica per i bambini, particolarmente utile nei bambini vivaci e iperattivi, ma con grandi benefici per tutti.

È necessario che i genitori diano delle indicazioni sugli sport da praticare ma che con il tempo cerchino di comprendere quali sono gli sport che i bambini amano di più o per cui sono maggiormente portati, poiché saranno più felici e più assidui nel praticarli. È altrettanto normale che nell’infanzia i bambini sperimentino più sport, è un modo per misurarsi con se stessi, per capire che cosa piace loro, ma anche per incontrare dei maestri che possano dare delle indicazioni sugli sport per cui possono essere più portati, sempre rispettando però il desiderio dei bambini.

Nello sport, come nello studio è stato ampiamente dimostrato che la motivazione e il piacere, sono altrettanto importanti delle qualità costituzionali e le caratteristiche psicofisiche, specifiche in ognuno.

Ovviamente le caratteristiche fisiche e genetiche entrano in gioco qualora, crescendo, i figli desiderassero praticare uno sport a livello agonistico o farne la propria professione. Questo, però non può mai essere un’indicazione nella prima infanzia, poiché può portare a un rifiuto o a disturbi nevrotici e depressione, anche seri.

 

Quali consigli si sente di dare ai genitori che si apprestano a guidare i propri figli in questo nuovo percorso scolastico?  

 Riconoscere la propria ansia di separazione in modo da gestirla, superarla e non trasmetterla ai bambini.

-Non preoccuparsi troppo per gli insegnanti, sono professionisti esperti che sanno come prendersi cura dei bambini;

-Comprendere che è normale sentirsi un po’ smarriti per questo primo passaggio di crescita;

-Sapere che se anche lavorano a tempo pieno e non possono essere presenti a scuola, possono comunque aiutare i loro figli nel fine settimana, riservando la sera al gioco e al piacere dello stare insieme;

-Incoraggiare i figli e dare loro fiducia sulla scuola, spiegando che è sempre una bella esperienza.

-Essere consapevoli che i bambini emotivamente sono un po’ più piccoli della loro età a causa anche della pandemia, ma che questo non porta alcun svantaggio nel lungo termine;

-Avere pazienza nei primi tempi se i bambini sono un po’ più vivaci o ansiosi, normalmente passa dopo qualche mese.

-Dare ritmi regolari nel sonno e curare un’alimentazione sana, evitando merendine e cibo molto calorico e poco nutriente.

-Creare un clima di collaborazione e fiducia con le insegnanti;

-Se notano difficoltà particolari o se vengono segnalate dagli insegnanti, rivolgersi ad un neuropsichiatra e ad uno psicoanalista per una prima valutazione;

-Godersi il periodo, perché passa presto, celebrarlo con foto e con piccoli oggetti-ricordo che renderanno per sempre questo nuovo inizio scolastico un bel momento, un’ esperienza “speciale”.

 

 

Comments

No comments yet. Why don’t you start the discussion?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.